Psicogenealogia e sciamanesimo: fantasmi e antenati

L’approccio transgenerazionale della psicologia moderna

Il recente sviluppo dell’approccio transgenerazionale nella psicologia moderna (scuola Schutzenberger), più conosciuto come psicogenealogia, è supportato dalle scoperte dell’epigenetica e della biopsicologia, che provano la presenza, nella psiche umana di memorie non appartenenti al soggetto in questione, ma derivanti dalla sua storia familiare.

Le memorie transgenerazionali hanno come caratteristica distintiva il fatto che non sono conosciute dal soggetto a livello cosciente, ma vengono trasmesse da inconscio a inconscio durante la gravidanza e nei primi tre anni di vita del bambino, nella fase dello sviluppo preverbale.

Sono quindi differenti dalle trasmissioni intergenerazionali, che comprendono tutte le informazioni passate da una generazione all’altra nelle famiglie e nelle comunità a livello cosciente.

Le memorie transgenerazionali vengono percepite dalla persona come sensazioni vaghe, emozioni inspiegabili, stati d’animo di cui ignoriamo l’origine e di cui non comprendiamo il significato o la relazione con la nostra vita presente.

Sono forze presenti nella psiche e hanno una potente influenza sul comportamento, sulle abitudini e sulla motivazione che spinge a fare scelte decisive e importanti della vita, come gli studi, la professione e il matrimonio.

Già Carl Gustav Jung ipotizzava la presenza, nella mente umana, di contenuti innati, precedenti alla nascita e condivisi con la specie, gli archetipi dell’inconscio collettivo.

Jacob Levi Moreno, il padre dello psicodramma, osserva nel suo lavoro le influenze di un campo di coscienza condiviso dagli elementi di una stessa famiglia, l’inconscio familiare e Ivan Boszormenyi Nagy, della scuola sistemica di Filadelfia, teorizza le leggi che governano i sistemi familiari, isolandone due: la lealtà familiare invisibile e la giustizia del mondo umano.

La lealtà familiare invisibile è il legame d’amore biologico che unisce genitori e figli e vincola i membri di un clan, generazione dopo generazione, a impegni di solidarietà, di fedeltà e di compartecipazione.

La giustizia del mondo umano è un codice innato di diritti naturali, che regola le relazioni umane secondo i principi dell’armonia e del rispetto reciproco.

Le violazioni della lealtà invisibile e della giustizia sociale generano nei discendenti un impulso irrinunciabile alla riparazione dei disordini e delle ingiustizie, al fine di ristabilire l’equilibrio.

Per Boszormenyi Nagy esiste nella mente inconscia un Libro dei Conti, un registro contabile che spinge i discendenti a ristabilire l’ordine sociale turbato dagli antenati, attraverso esclusioni, preferenze, ingiustizie e tradimenti, anche a costo di sacrifici personali.

Ciò significa che, senza saperlo, cioè a livello inconscio, le scelte della nostra vita sono in gran parte determinate dalla necessità di riparare torti e ingiustizie che non abbiamo commesso o subito noi, ma i nostri antenati.

Le trasmissioni transgenerazionali più pericolose per la vita dei discendenti sono quelle che riguardano eventi traumatici vissuti dagli antenati e tenuti segreti, come morti premature o violente, aggressioni, stupri, filiazioni segrete, ricoveri in ospedali psichiatrici, incesti o grandi traumi naturali e storici come guerre, deportazioni, persecuzioni razziali etc.

L’evento che per l’antenato è indicibile, inaccettabile, inconfessabile,viene rimosso dalla coscienza e dalla comunicazione, viene taciuto e tenuto segreto. Nella seconda generazione diventa dunque indicibile e indecifrabile, nella terza e nelle generazioni successive diventa impensabile e incomprensibile e si manifesta in maniera ora eccentrica ora drammatica, sotto forma di malattia, di stati d’animo depressivi, di perdite economiche, di fallimenti improvvisi e in genere, infelicità.

Si ricorda qui il famoso caso di Anne Ancelin Schutzenberger, la madre della psicogenealogia, che fece disegnare a una bimba di 4 anni il soggetto dei suoi incubi ricorrenti: una specie di mostro con gli occhiali e una maschera. Indagando nella storia familiare si scoprì che un prozio della madre era morto nella prima guerra mondiale soffocato dal gas mostarda e la pronipote sognava i mostri all’anniversario della sua morte, di cui in famiglia non si era mai parlato.

Ma perché le memorie si conservano?

Freud spiegava che soltanto lo stato di veglia della mente umana percepisce ed è soggetto al tempo lineare, l’inconscio non conosce il tempo. Un’ informazione si fissa dunque nella mente inconscia e continua a produrre degli effetti finché non viene chiarita e nuovamente elaborata consapevolmente.

Le informazioni riguardanti i traumi e le sofferenze degli antenati sono perciò molto importanti da decodificare e da risolvere nel presente affinché non continuino a generare ripetizioni di situazioni ed eventi infelici nelle generazioni successive.

L’approccio transgenerazionale della psicologia moderna porta dunque alla luce delle nuove generazioni, individualiste e centrate sulla realizzazione del potere personale, il tema caro alle antiche civiltà e alle culture tradizionali, quello della relazione con i propri antenati.

Relazioni con gli antenati nelle culture antiche e tradizionali

Il taoismo cinese, che non rifiutava le sue radici sciamaniche, credeva che ci fosse un vincolo che lega le generazioni le une alle altre e che i discendenti ricevevano dagli antenati il “mandato” di regolare le loro questioni sospese.

Gli Anziani delle culture native in Asia, Africa America e Australia credono in un legame vivente tra gli appartenenti a una comunità e i suoi antenati e che questo legame sia responsabile e custode dell’armonia, della prosperità e e della felicità dei discendenti.

Gli antenati più vicini, fino alla quinta o settima generazione sono considerati antenati familiari, oltre la settima assumono il ruolo di figure mitologiche umane o animali, fonte di ispirazione, guida e aiuto spirituale per il singolo e per la comunità intera.

La genealogia viene trasmessa e ricordata scrupolosamente al fine di scoprire e di guarire l’origine passata di disordini e disarmonie che si manifestano nella società del presente.

Gli sciamani vengono addestrati a contattare il mondo degli spiriti ancestrali e a trasformarne gli aspetti oscuri e perturbatori dell’ordine naturale della giustizia.

Quando gli spiriti ancestrali sono guariti e purificati diventano spiriti guardiani che proteggono il singolo e la comunità e a loro ci si rivolge per ottenere sostegno, consiglio ed aiuto.

Nelle culture sciamaniche è importante tenere vivo il sentimento di connessione e compartecipazione con gli spiriti ancestrali, il legame d’amore attraverso cui viene trasmessa la vita, perché esso è la porta di accesso alla percezione dell’appartenenza del singolo alla natura e alla comunione con il cosmo.

Nelle culture tradizionali gli antenati non corrispondono ai defunti, poiché i defunti possono intrudere pericolosamente la vita dei discendenti, sotto forma di fantasmi.

In alcune società africane esiste la pratica del doppio funerale; il primo funerale è dedicato alla sepoltura del cadavere; segue un periodo di lutto dedicato a rituali che guariscano e purifichino lo spirito del defunto affinché non venga a infestare la vita dei suoi discendenti con aspettative e richieste giudicate pericolose e inopportune.

Solo alla fine dei rituali di purificazione avviene il secondo funerale, dedicato all’anima, che sancisce l’entrata del defunto nel “regno dei morti” e quindi nel regno degli antenati.

Tra gli Indiani d’America tutte le persone che hanno lo stesso nome di un defunto sono tenute a cambiare nome, (permanentemente sulla costa del Pacifico) per non favorire un’indebita comunicazione tra due mondi che devono restare separati. Se inavvertitamente il nome del defunto viene pronunciato si deve sputare tre volte per lenire gli effetti della contravvenzione.

Tra i Masai vige l’usanza di cambiare nome al defunto, in modo che, se viene nominato o nominata dopo la morte, il suo spirito non può capire che si sta parlando di lui o di lei; anche tra di loro è tassativamente proibito fare riferimento al vecchio nome, al fine di evitare che le questioni irrisolte del deceduto possano ricadere sui familiari viventi.

Tra gli aborigeni australiani la proibizione va oltre: non solo il defunto cambia nome, ma tutti i viventi della comunità che portano il suo stesso nome devono cambiarlo. E se il nome ha riferimento con un oggetto o con un animale, si cambia nome all’oggetto e all’animale.

Oltre alla separazione tra i vivi e i morti è importante per le culture tradizionali il tema dei misfatti e delle ingiustizie. Si teme, e non a torto, che le colpe e i crimini siano causa di pericoli e sciagure per i familiari e i discendenti.

Se un uomo si ammala lo sciamano convoca tutti i familiari e li esorta a “confessare” tutte le cattive azioni da loro commesse a danno di altri. E’ particolarmente importante che l’autore del crimine o del misfatto confessi personalmente, questo libera il clan familiare dall’influenza nefasta dell’ingiustizia, cioè dalla malattia e dalla sfortuna.

Le colpe tenute segrete indeboliscono l’individuo e lo privano delle sue forze spirituali, per questo in molte tribù prima delle battaglie i guerrieri passano attraverso il rituale della confessione pubblica delle loro azioni deplorevoli, al fine di recuperare coraggio e fiducia ed evitare la sconfitta da parte del nemico.

L’incesto e le relazioni promiscue sono accuratamente proibite da pratiche severissime. E’ costume in molte società tradizionali separare meticolosamente la nuova coppia dai nuclei familiari di origine, in modo da impedire relazioni sessuali inappropriate tra parenti.

In Nuova Britannia una sorella sposata non può parlare al fratello né scambiare doni, si può relazionare con lui solo a debita distanza.

In Africa un uomo sposato deve evitare di relazionarsi con le cognate, mangiare alla stessa tavola o avvicinarsi alla loro capanna.

Nelle isole Banko un uomo e una donna sposati non possono avere relazione con i rispettivi suocera e suocero, devono comunicare a distanza, spostarsi se si incontrano per la strada e non è considerato educato pronunciare i loro nomi nelle conversazioni.

Le usanze su citate hanno per scopo liberare le nuove generazioni dall’influenza delle famiglie di origine, separare i viventi dalle ingiunzioni dei defunti, liberare i familiari dalle colpe del clan e dei predecessori al fine di garantire alle nuove generazioni libertà, indipendenza, prosperità e felicità.

La psicogenealogia: strumenti e intenti del lavoro

Il lavoro dell’inchiesta transgenerazionale in psicogenealogia, come pure quello delle costellazioni familiari è una versione moderna di pratiche antiche, basato su conoscenze ed esigenze simili, quelle di costruire e creare la nostra vita elaborando consapevolmente i pesi del passato senza ripeterli e senza subirli.

I suoi intenti sono estremamente simili a quelli delle società sciamaniche.

Il primo è conoscere la propria genealogia e lo si può fare raccogliendo informazioni più dettagliate possibile sulle biografie familiari, diari, lettere, fotografie e documenti custoditi negli archivi comunali e parrocchiali.

Il secondo è sistematizzare le informazioni biografiche disegnando l’albero genealogico, questo è un prezioso strumento che aiuta nella sintesi di comparazione dei dati e offre una visione di insieme osservabile e decodificabile in un tempo breve. Dalla lettura dell’albero genealogico si possono ricavare informazioni certe o ipotesi affidabili sui conflitti e sui traumi degli antenati, anche se non si conoscono tutti gli eventi.

Il terzo è utilizzare degli strumenti efficaci per sciogliere i conflitti e riportare in armonia i propri antenati sofferenti in modo che diventino una risorsa, un sostegno e una guida nella vita quotidiana.

Lo strumento che uso nel mio lavoro è il genodramma, che consiste nell’esplorazione guidata in prima persona degli antenati uno per uno, con la possibilità di accedere alle memorie cellulari e portare i conflitti e i segreti alla coscienza. Una volta divenuti consapevoli si celebrano le procedure di scioglimento, rivelando la verità, confessando le proprie colpe, riprendendo ciascuno il suo posto di diritto nel nucleo familiare. In una parola restaurando nel sistema la lealtà familiare e la giustizia sociale e il legame d’amore.

Le persone che hanno fatto questa esperienza mi dicono quasi tutte che non solo arrivano alla soluzione dei problemi che le hanno afflitte prima del lavoro, ma si sentono soprattutto diverse, più presenti nella realtà, meno separate e più “connesse” con la vita, più in pace e soprattutto libere di creare cose nuove con rinnovato entusiasmo.

Per comunicare lo spirito dell’inchiesta transgenerazionale pubblichiamo una testimonianza.

Da tempo mi ero avviata su un percorso di conoscenza delle mie radici, alla ricerca di riconciliazione. Mi era urgente, necessario riuscire a liberarmi da emozioni che erano presenti costantemente nella mia vita e che mi condizionavano.

Non sapevo la provenienza di quelle emozioni, ma ne vedevo gli effetti nel mio quotidiano: avevo molto spesso ‘la luna storta’, una sorta di umore tetro, già appena sveglia la mattina, e per la giornata l’avrei subìto io e le persone che mi erano accanto. Mi rinchiudevo in lunghi silenzi, lo sguardo torvo, e se proprio dovevo parlare, dispensavo giudizi taglienti su tutto e tutti. Così come arrivava, quel sentire devastante se ne andava. Spesso il giorno dopo. E poi ricapitava di nuovo.

La mia normalità era fatta di isolamento, me ne stavo da sola a rimuginare, evitando il più possibile la relazione con gli altri. Per lunghi periodi ho vissuto in assenza di una ‘vita sociale’, niente amici né attività in cui l’interazione con il gruppo fosse fondamentale, come gli sport di squadra, o i gruppi scout, o altro.

In aggiunta a questo sentire, il mio quotidiano era governato da una serie infinita di divieti. Divieti che infliggevo a me stessa e che erano in linea con gli insegnamenti ricevuti dai miei genitori in merito a come si deve comportare una ‘persona normale’.

Una persona normale fa scelte approvate dai genitori, si impegna al massimo e porta a casa risultati di eccellenza. Non ha bisogno della presenza e dell’aiuto di altri al di fuori della famiglia. Meglio ancora se non ha proprio bisogno di aiuto, specialmente l’aiuto economico. Meglio che sia indipendente in tutto, e degna di essere portata ad esempio dinanzi agli altri.

Una persona normale ha una sessualità discreta, non esibita, anzi modesta, non evidente. E mostra il suo affetto in modo composto e misurato.

Attraverso questi divieti e il mio ‘umor nero’, sono cresciuta sempre più sola e triste, avvolta nella mia apparente eccellenza. Ottimi studi, ottimo lavoro.

Ma con il passare degli anni mi riusciva sempre più insopportabile sostenere il passo che avevo preso.

Percepivo che per me si trattava di una questione di vita o di morte: dovevo cominciare a scegliere altro.

Ho cominciato con il trasferirmi in un’altra città, grazie ad una promozione di lavoro. Questa scelta ha spiazzato tutti. Non era previsto nelle regole genitoriali l’allontanarsi da casa a centinaia di chilometri di distanza e vivere da sola, non essere sposata.

Ancora oggi considero quella scelta come la mia rinascita. Ma non mi rendevo ancora conto che mi trovavo ai piedi di una montagna sconosciuta da scalare. Fino a che rimanevo rintanata in ufficio a sfinirmi di lavoro, tutto bene. E’ fuori dal lavoro che ho cominciato ad accorgermi di qualcosa. Era un malessere più doloroso e insopportabile di quello che mi accompagnava da sempre. Sentivo una totale mancanza di senso, significato e direzione della mia vita.

C’è stato un momento in cui ho percepito chiaramente che ‘la colpa di tutto’ era dei miei genitori. Mi era tanto evidente, lampante. Ma ben presto mi è apparsa altrettanto evidente e lampante una domanda: ‘per quanto tempo ancora voglio restare così?’.

Questa domanda mi ha aperto subito porte nuove. Era l’inizio di un nuovo percorso attraverso un universo sconosciuto di possibilità e di scelte diverse. Da quel momento e negli anni a seguire, si sono aperte nuove possibilità di relazione con gli altri, nuove modalità di recupero e mantenimento della mia salute, nuove modalità di esprimere le mie capacità creative.

Prima il mio vivere quotidiano era sopraffatto dalle preoccupazioni di rivolte verso il futuro e dalla esigenza che fosse coerente con il passato, tracciato dai miei genitori. Non ero in grado di percepire e di restare nell’esperienza del presente. Attraverso l’incontro con persone ed esperienze diverse, ho recuperato il valore essenziale dell’essere presente e me stessa, qui e ora. L’effetto è stato di cominciare a sentirmi parte integrante del mistero della vita, e ho accettato il fatto che la mia vita è densa di senso, di direzione e di significato.

Questa rivoluzione non si è manifestata in maniera lineare e indolore. Così come il ritmo della respirazione alterna inspirare ed espirare, altrettanto ho vissuto periodi di pienezza e di vuoto.

E nei momenti di vuoto sentivo ancora presente una tristezza infinita, inconsolabile, accompagnata dalla paura. Una paura di tutto, pietrificante, che a volte mi immobilizzava in crisi di panico.

Si dice che ‘chi cerca, trova’. Nel mio percorso cercavo il modo di venire a capo di questa tristezza e di questa paura, che sentivo tanto presenti nella mia vita quanto lontane, slegate dalla mia effettiva esperienza quotidiana, senza un perché che fosse evidente.

Durante questa ricerca ho trovato interessante la proposta di indagine della Psicogenealogia. Ne sono venuta a conoscenza attraverso alcuni terapeuti e libri. Non a caso, successivamente ho partecipato come uditrice a un convegno in cui la dott.ssa Anastasia esponeva i cardini del suo lavoro. Mi ha conquistato la sua chiarezza, la semplicità e la profondità dell’esposizione e della proposta di ricerca. L’ho subito contattata, ci siamo incontrate e abbiamo concordato un piano di lavoro da svolgere insieme.

Il primo passo è stato ricostruire il mio albero genealogico. All’inizio mi sembrava qualcosa di difficile realizzazione. Andavo cercando notizie riguardo a persone in prevalenza già morte, che avevo conosciuto poco o per nulla. Anche i miei genitori avevano conosciuto poco alcuni degli avi, o non ricordavano fatti rilevanti con precisione. Tuttavia, gradualmente il puzzle si è ricomposto, anche con il contributo di parenti con una memoria più precisa, con indagini negli archivi anagrafici e con una lettura attenta delle lapidi al cimitero.

Ringrazio tutti per il loro aiuto.

Poi, insieme alla dott.ssa Anastasia, abbiamo dato il via al lavoro di rappresentazione dell’albero genealogico.

Ho scelto prima la linea del padre. Grazie al metodo proposto dalla dottoressa, ho avuto accesso alla memoria della morte violenta, poi dimenticata e taciuta dalla famiglia, del mio bisnonno e del mio trisnonno. Ho sentito chiaramente che da quegli eventi aveva origine il senso di malumore che era sempre presente in me e che a volte prendeva il sopravvento per giornate intere, influenzando le mie azioni e la mia relazione con gli altri. Andando in profondità nel sentire, ho scoperto che si trattava di un sentimento di tristezza inconsolabile che attraverso il legame di lealtà familiare è arrivato fino a me. Il lavoro si è concluso con una celebrazione di riconciliazione tra padre e figlio (trisnonno e bisnonno), emozionante, profonda, affettuosa.

In un incontro successivo, abbiamo considerato la linea materna. Attraverso le morti delle donne della linea materna abbiamo individuato il senso di incapacità, di ‘non potercela fare’. Una delle conseguenze di questo senso di incapacità o di impotenza, è stato il consolidamento delle credenze familiari in merito ai divieti. I divieti sono serviti a guidare le scelte di famiglia in una sorta di percorso obbligato dal quale non discostarsi, per ‘riuscire bene’, per ‘essere normali’.

Non solo. Ci sono state alcune morti femminili premature, tra cui quelle di due mie sorelline.

Abbiamo trovato la collocazione giusta delle mie sorelle nell’albero genealogico, affinché trovassero pace e riconciliazione con la loro morte prematura.

Con altrettanta cura abbiamo visto la morte prematura delle mie nonne. Abbiamo concluso con una celebrazione commovente della sorellanza di tutte le donne della mia linea materna, e in questo cerchio di solidarietà e affetto partecipo anch’io, ne sono parte integrante.

Come sto, oggi? Riconosco che si è dissolto il senso di tristezza e che il sistema dei divieti non ha più alcun senso nel mio quotidiano. Ho coscienza del mio senso di responsabilità e della necessità di porre attenzione nelle mie scelte di vita. Le eventuali resistenze nel realizzare i progetti in cui sono impegnata sono riconducibili al mio sentire e alle mie azioni di oggi.

Così come vedo aperto lo spazio vitale dinanzi a me e posso cogliere i frutti della mia realizzazione personale quando porto a conclusione i miei progetti, senza alibi. Sono felice e più leggera di quanto sia mai stata. Abbondanza, Amore, Fiducia, Protezione, Cuore sono entrati e sempre più fanno parte del mio quotidiano.

Tutto questo mi si rende evidente attraverso una nuova esperienza personale, l’esperienza di momenti e periodi di Vuoto. Sto sperimentando la necessità, la vertigine e il mistero del Vuoto. Mi accorgo di quanto sia fondamentale il ritmo alternato tra Pienezza e Vuoto. Nella mia mente, nel mio respiro, nella mia progettualità. Dalla paura di non potercela fare alla fiducia in me stessa sperimento il passaggio attraverso una fase di stasi, o silenzio, o contemplazione. E’ il momento che per me viene prima dello spuntare dell’alba. Qualcosa che mi avvicina al mistero del Sabato Santo, dopo la Morte e prima della Resurrezione. Il Vuoto vissuto come parte integrante del mistero e del ritmo della Vita.

Vuotare il mio sacco vecchio, e renderlo disponibile per il nuovo.

Riconosco che il lavoro di Psicogenealogia ha una importanza fondante in questo mio processo vitale e creativo. Prima dell’individuazione degli schemi e legami di lealtà familiare il mio percorso di vita mi sembrava incomprensibile e i progetti personali inaccessibili. Oggi posso rivolgermi con fiducia e apertura di cuore alle potenzialità della mia vita e di questo ringrazio la dottoressa Anastasia, la cura, la sensibilità e la precisione della sua proposta di lavoro.